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Corte di Cassazione: il padre che non mantiene i propri figli commette il reato di cui all’art 570 c.p., anche se vi provvede la madre
Avv. Alessandro Marino - 02 mag 2021
Chi è tenuto a contribuire al mantenimento della prole deve dimostrare la propria incapacità economica, non la capacità economica di chi ha diritto alla misura.
Con questa motivazione la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un padre condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art.570 (violazione obblighi di assistenza familiare) che ha fondato la sua difesa su un semplice assunto: non vi era reato poiché non sussisteva lo stato di bisogno dei figli, atteso che vi provvedeva da diversi anni la moglie.
Il giudice d’appello confermava la condanna di primo grado ma riduceva la pena con riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il quesito: se non c'è stato di bisogno sussiste il reato?
L'imputato contestava l'esito del giudizio d'impugnazione e, in particolare, la sussistenza dello stato di bisogno negli aventi diritto al mantenimento nonchè il mancato accertamento della sua capacità economica a fare fronte all'impegno.
E’ L'obbligato che deve provare la propria difficoltà economica
La Cassazione rigettava il ricorso perché inammissibile.
La Suprema Corte motivava in sentenza che sbagliava l'imputato nel ritenere che mancava la prova della propria disponibilità economica a provvedere, in quanto quando sussiste un obbligo nei confronti dei propri congiunti.
Ed invero, confermando la sentenza d’appello, la Cassazione ribadiva che è onere dell'obbligato dimostrare la propria impossibilità ad adempiere e non la capacità economica di chi ha diritto al contributo.
a seguire: testo della sentenza.
Cassazione penale sez. VI - 11/02/2021, n. 16183
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -
Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere -
Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierlui - rel. Consigliere -
Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B.G., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/12/2017 della Corte appello di Ancona
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Pierluigi Di Stefano;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore Dr. Lori Perla, che ha concluso chiedendo
dichiararsi il ricorso inammissibile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Ancona con sentenza del 18 dicembre 2017 ha confermato in punto
di responsabilità, riducendo la pena in applicazione delle attenuanti generiche, la condanna
di B.G. per il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, per aver omesso di corrispondere alla
madre affidataria l'assegno mensile in favore dei figli minori nonchè la quota di spese
straordinarie.
Condotta contestata far data dal (OMISSIS).
In riferimento agli specifici motivi di appello la Corte:
- rigettava la eccezione di genericità del capo di imputazione essendo chiaramente
contestato che il periodo di mancato pagamento andava dal 2009 al novembre 2011.
- La costituzione di parte civile era correttamente effettuata in cancelleria e ribadita in
Tribunale nel contraddittorio tra le parti essendo quindi superflua la sua notifica.
- La lista testi era stata correttamente depositata unitamente alla costituzione di parte
civile; in ogni caso poteva essere considerata come ritualmente depositata dalla persona
offesa in quanto tale.
- La modifica della imputazione era stata correttamente disposta dal pubblico ministero
dopo l'esame della persona offesa. Non è vero quanto sostiene la difesa perchè
all'imputato è stato notificato sia il verbale di udienza della modifica della imputazione che
la copia del verbale di trascrizione in cui la richiesta è riportata per esteso.
- Quanto al presunto legittimo impedimento del 20 aprile 2014, in tale data perveniva con
modalità irregolari un certificato medico di contenuto generico che riferiva di una semplice
lombalgia. Non vi era, quindi, alcun impedimento a comparire.
- Nel merito confermava la responsabilità per il mancato pagamento considerato lo stato di
bisogno presunto dei minori.
La difesa deduce con ricorso avverso tale sentenza:
primo motivo: illegittimità delle ordinanze di primo grado ribadendo la indeterminatezza del
capo di imputazione, la illegittimità ed inammissibilità della lista testi della parte civile
perchè proposta prima della costituzione di parte civile, la genericità e indeterminatezza
della imputazione, il difetto di notifica all'imputato della modifica della imputazione.
Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione. Contesta la ricostruzione della
responsabilità del ricorrente. Fa rinvio agli argomenti dei motivi di appello. Contesta la
sussistenza dello stato di bisogno e il mancato accertamento della sua capacità
economica.
terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla determinazione della
pena.
Il procuratore generale con requisitoria scritta ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato riproponendo questioni sulle quali ha dato
adeguata risposta la Corte di Appello, alla quale si fa rinvio, con ulteriore specificazione
che non risulta esservi stata immediata contestazione della ammissione delle prove della
parte civile.
Il secondo motivo deduce questioni non ammesse in sede di legittimità non individuando
carenze gravi o vizi logici della motivazione ma, invece, proponendo una diversa
ricostruzione delle prove. Peraltro, gli argomenti svolti, nel ritenere mancante la prova della
sua disponibilità economica, sono basati su di una erronea interpretazione della norma
incriminatrice; va invece rammentato che, a fronte della obbligatorietà di assistenza nei
confronti dei congiunti, è onere dell'obbligato dimostrare la propria incapacità economica e
non viceversa.
Il terzo motivo richiede valutazioni in fatto di competenza del giudice di merito, peraltro con
argomentazioni del tutto generiche.
Valutate le ragioni dell'inammissibilità, va disposta la sanzione pecuniaria nella misura di
cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021